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Importanza della densità dei plantari sul controllo posturale

Importanza della densità dei plantari sul controllo posturale

Nella popolazione anziana con problemi legati all'equilibrio, l'utilizzo di plantari può favorire una maggiore stabilità. Uno studio condotto in Spagna ha preso in esame un campione di soggetti ultrasessantacinquenni e ha evidenziato che l'utilizzo di plantari a bassa densità risulta meno efficace nel controllo posturale rispetto a plantari ad alta densità.

Uno studio condotto in Spagna ¢ pubblicato su Bioengineering (*Effect of hard and soft density on the postural control of adults over 65 years of age: a cross over clinical trial”, Vicenta Martinez-Céreoles, Ricardo Becerro-de-Bengoa Vallejo, César Calvo-Lobo, Eduardo Pérez-Boal, Marta Elena Losa-Iglesias, David Rodriguez-Sanz, Israel Casado Hernindez, Eva Maria Martines liménez) ha analizzato I'effetto di plantari ad alta e bassa densità sull 'equilibrio posturale di un campione di popelazione over 65. Lo studio ha arruolato un totale di 150 soggetti con un’eti media di 69 anni, suddivisl in 69 uomini e 81 donne, L'indagine ha inteso verificare il loro controllo posturale in diverse condizioni: a piedi nudi, con plantari a bassa densità, con plantari ad alta densita. | test hanno rivelato una stabilita posturale peggiore associata all'utilizzo di plantari a bassa densitd, evidenziando cosi I'incidenza della densith del materiale di cui sono fatti i plantari sulla stabilita della popolazione anziana. Per comprendere meglio le indicazioni all'utilizzo di un plantare e le variabili da considerare per la scelta più appropriata, abbiamo approfondito l’argomento in un'intervista con Valter lozzelli, tecnico ortopedico fondatore di plantari.it e titolare dell'Ortopedia Athena di Torino.

Problemi di stabilità nella popolazione anziana

L'utilizzo di plantari può rappresentare un supporto utile nella popolazione anziana con problemi legati all'equilibrio e la densità del plantare fa la differenza.

"Questo proprio perché il plantare altro non è che la giusta mappa di pressioni per un'ottima compliance al terreno. Ne consegue che nelle zone di minore appoggio si va a caricare, mentre dove ci sono picchi pressori si va a scaricare la forza espressa rispettando l'anatomia e dando il giusto sostegno al piede che viene a contatto con il terreno. Un elemento molto importante, dal momento che il piede durante la deambulazione è in monopodalico, ossia sospeso, per circa il 60% del tempo: in assenza di una buona stabilità, possono comparire problemi al ginocchio e alla schiena. Questo considerando anche le cadute spontanee, che in una popolazione ultrasessantacinquenne sono piuttosto inusuali", ha chiarito Iozzelli.

Limiti dello studio e variabili da considerare nella scelta del plantare 

Il limite forse più evidente dello studio in oggetto "è dato dall'età dei partecipanti - che dovrebbe essere traslata ad almeno una popolazione over 75 - e le poche variabili considerate per la scelta più adeguata di un plantare". Così ha osservato Iozzelli, che ha quindi proseguito: "nella presa in carico di una persona occorre prendere in considerazione numerosi indicatori che possono incidere in maniera significativa sull'esito finale e non possono ridursi soltanto all'età o al sesso". Occorre valutare anche il peso della persona, il suo livello di attività fisica - del resto numerosi sono oggi gli over 65 molto attivi - ma anche l'anatomia del piede, la presenza di eventuali patologie attuali e pregresse piuttosto che l'utilizzo di farmaci. Rispetto a queste ultime due voci, per quanto possano sembrare avulse dall'equilibrio posturale o dal sistema propriocettivo, è importante annotarle. "Capita di frequente che l'avvio di un percorso farmacologico possa determinare delle esternalità negative. Per esempio, mi capita di vedere diverse persone che alla domanda se siano cadute negli ultimi tre mesi rispondono affermativamente. Non si tratta tuttavia di problemi propriocettivi, quanto piuttosto di criticità connesse a cambiamenti nella terapia farmacologica che necessitano di essere stabilizzati". Allo stesso modo, anche le patologie pregresse risultano estremamente interessanti perché evidenziano la necessità o meno di fare screening o approfondimenti maggiori. "Basti pensare in tal senso a persone - anche filiformi - che hanno sperimentato fratture degli arti, oppure schiacciamenti vertebrali spontanei o fratture spontanee. Questo pregresso conduce nel tempo a eterometrie che non vengono segnalate dal paziente e di cui lo stesso non è a conoscenza o non riesce a quantificare".

Comunicazione empatica per un quadro clinico completo

Screening accurati e una visita posturale approfondita spesso evidenziano problemi magari ormai rimossi. "Proprio in tale senso, nel nostro lavoro è molto importante stabilire una buona comunicazione e, soprattutto, una buona empatia che consente di sviscerare situazioni molto importanti di cui i pazienti stessi non hanno specifica certezza", ha sottolineato il titolare dell'Ortopedia Athena di Torino. Anche perché una buona comunicazione permette di raggiungere i migliori risultati nel minor tempo: se un paziente si sente a proprio agio e quindi si affida al professionista, probabilmente sarà anche più aderente agli input che gli vengono forniti. Le attenzioni e il tempo che si dedicano al paziente, l'abilità di coinvolgerlo e fargli comprendere i vari aspetti è essenziale e spesso gli consente di guarire prima. Allo stesso modo anche una disponibilità del professionista successiva alla consulenza; sono tutti aspetti che i pazienti apprezzano e che nel medio periodo portano a migliori risultati".

Plantari e densità: hard o soft?

Nella scelta dei plantari la densità risulta fondamentale per l'obiettivo che si deve perseguire. Tuttavia, non è solo una questione di densità, ma anche di materiali e della risposta degli stessi. "È un problema di densità associato anche alla risposta del materiale".

AUTORE

Dott. Valter Iozzelli


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